Il mio primo cimento con un modello di elicottero è stato propiziato
dalla voglia di produrre sempre qualcosa che vada nella direzione di
realizzare modelli attinenti al sopito, ma non per questo cestinato,
progetto portaerei Garibaldi in scala 1/72 della nostra Associazione.
Dopo varie ricerche su internet, quasi per caso mi imbattei a Modena,
in un mercatino, in un kit fuori produzione della Fujimi, probabilmente
l’unico di un UH-1N Iroquois che prevedesse anche la versione ASW della
nostra Marina Militare. In verità il kit, piuttosto vecchio e spartano,
consentirebbe la realizzazione di una vecchia versione ancora in verde
scuro e arancio, che non sarebbe attinente al periodo (2007) in cui è
collocato il progetto Garibaldi.
L’idea iniziale era di realizzare un modello standard, per poi passare
rapidamente alla costruzione di un AW101 sempre della Marina, dal
momento che nel frattempo era uscito il bel kit dedicato dalla Italeri
a questa “robusta” macchina.
Però, come al solito iniziando a pianificare il lavoro e disponendo di
un’ampia documentazione fotografica del 212, raccolta a Grottaglie
durante una visita nel 2007, corroborata da alcuni scatti fondamentali
di interni, tratti dal forum degli amici di Betasom, mi sono lasciato
prendere la mano e la realizzazione ha stravolto quello che era il kit
di partenza. Ho deciso di super dettagliare il modello a partire dagli
interni, di una versione Anti Submarine Warfere (ASW) con sonar e radar
di scoperta, con gli adattamenti per rendere la macchina compatibile
con il ruolo secondario di Sea Air Rescue (SAR) affidatogli negli
ultimi anni.
Il mercato dell’after market offre poco per la versione bimotore del
UH-1, sicuramente il più prolifico e più venduto al mondo tra tutti gli
elicotteri, fin dagli anni ’60 e tutt’ora in produzione presso la Bell
o licenziatarie varie sparse nel mondo. Sono ripiegato quindi
giocoforza su un foglio di fotoincisioni della Eduard e su una scatola
della MK cecoslovacca, contenente anch’essa fotoincisioni ed alcuni
particolari in resina. In verità ho usato poca roba di tutto questo,
integrando le modifiche necessarie con autocostruzioni e modifiche che
hanno interessato anche gli after market appunto. La possibilità di
lasciare gli ampi portelloni aperti, consente la visione degli interni
anche a modello finito ed anche l’abitacolo di pilotaggio da una buona
visibilità di sé, specie se si prevede di aprire gli sportelli, che nel
kit di partenza invece sono solo chiusi.
Quindi ho preso una decisione drastica. Ho segato via il tetto
del kit ed ho ricostruito il pianale interno, sfruttando anche il
pianale offerto dalla MK che però era per l’UH-1B come detto, che ha un
passo più corto del UH-1N. Il tetto originale del
kit è stato riutilizzato limitatamente alla zona del vano abitacolo
posteriore, rivestendolo all’interno con il pezzo fornito da MK
rimaneggiato nelle dimensioni. Il tettuccio vetrato dell’abitacolo è
anch’esso MK, in resina.
I
sedili sono stati autocostruiti in plasticard; i relativi telai sono
in parte in fotoincisioni Eduard e parte autocostruiti in lamierino. La
strumentazione del sonar e quelle del radar di scoperta e quant’altro,
sono state anch’esse autocostruite.
Utilizzando
parti di microchips provenienti da un computer rotto, ho dettagliato
anche il vano presente nel muso, parzialmente visibile dalle ampie
vetrature presenti in questa zona.
Il pannello strumentazione è stato
realizzato partendo da quello della MK, ampiamente rivisitato.
Ampiamente rimaneggiati il cupolone del radar e la carenatura ad esso
retrostante, in quanto quella del kit era insufficiente.
Interamente
autocostruiti con rod di stirene e stucco sono i galleggianti
autogonfiabili attaccati al telaio dei pattini dell’elicottero.
Le decal fornite nel kit della Fujimi sono come detto per
una vecchia
versione, quando erano ad alta visibilità. Ora la verniciatura attuale
grigia realizzata con colore acrilico Gunze H307 FS36320 richiede decal
a bassa visibilità.
Mi sono arrangiato per questo con lettere e
coccarde tratte da fogli Model Friends ed attingendo al magazzino di
fogli avanzati da precedenti lavori, sottoposte ad un tonedown con
l’aerografo. Una passata robusta di invecchiamento ed usura ha
contribuito ad assimilare l’aspetto del modello a quello delle macchine
originali della Marina Militare ormai un po’ datate e molto vissute,
dato il continuo ed intenso uso che se ne fa, sia dalle basi a terra e
soprattutto dalle unità naviganti, a bordo delle quali l’AB212 continua
a prestare la sua preziosa opera ormai da decenni, in Italia ed
all’estero.