Una volta i film di guerra ed in particolare di aviazione erano abbastanza frequenti nelle sale cinematografiche, ma dopo il mitico “Pearl Harbor” del 2001 non si è visto più nessun aereo sfrecciare sugli schermi per parecchi anni. Invece ecco che nel 2007, per la gioia dei modellisti “aeroplanari”, arriva Flyboys – giovani aquile - e l’anno successivo addirittura una nuova versione de Il Barone Rosso, del regista tedesco Nikolai Müllerschön, che in Italia però è passato quasi inosservato. Nello stesso periodo mi è capitata sottomano una rivista di modellismo estera, dove il bravo modellista francese Bruno Pautigny descriveva la costruzione di un biplano francese della prima guerra mondiale. Questo è bastato per far scoccare la scintilla: dovevo costruire un biplano anche io.
Dalla mia montagna di scatole ho tirato fuori il Nieuport 17 della Eduard in 1/48, da fare nella livrea accattivante di un asso francese un po’ scavezzacollo, Charles Nungesser, con tanto di 43 vittorie accreditate, innumerevoli ferite ed ossa rotte durante la guerra e scomparso in circostanze misteriose nel 1927, durante un tentativo di attraversare l’oceano atlantico in volo. Il classico eroe di altri tempi, mi è subito sembrato il soggetto ideale.
Non mi dilungherò a fare la
cronistoria dello sviluppo e
impiego del Nieuport 17 o la bibliografia di Nungesser, ci sono testi
ben più
validi dei miei a tale scopo. Mi limiterò ad illustrare, con l’aiuto
delle
foto, la realizzazione di questo simpatico aeroplano.
Premetto che ho un debole per
La costruzione inizia con gli
interni, come al solito. Con
dello sprue tirato a caldo ho riprodotto i tiranti interni
dell’abitacolo, una
delle poche cose che Eduard non ha riprodotto, e che risultano
abbastanza
visibili dall’apertura dell’abitacolo. Ho aggiunto i pochi strumenti e
dettagli
in fotoincisione ed ho dipinto in marrone scuro la struttura interna
della
fusoliera.
Il rivestimento interno viene colorato con vari toni di
marrone e
beige (Foto 2 e 3).
Dalla
Foto 4 si vede bene la differenza tra il
seggiolino
di plastica e quello in fotoincisione, al quale ho aggiunto un cuscino
realizzato con del Milliput. Le cuciture ed i bottoni tipici dei
cuscini di
cuoio sono stati fatti con una lama di un cutter e l’ago smussato di
una
siringa. Ho dipinto il seggiolino color legno ed il cuscino con una
miscela di
beige e marrone rossiccio, per simulare il lucido del cuoio ho poi dato
un
leggero strato di vernice trasparente leggermente diluita. Con una
tonalità
diversa dal seggiolino go dipinto le cinghie, anche esse in cuoio. Il
pavimento
è stato dipinto sempre in tonalità marroni e per simulare l’effetto
legno ho
dato uno strato di colore ad olio più scuro e diluito. La zona
pedaliera è
stata dipinta in toni metallici (alluminio) e con un leggero lavaggio
più scuro
per dare profondità e simulare lo sporco accumulato (Foto 5).
Prima
di unire le due semifusoliere
ho praticato i fori per
i tiranti che vanno dalla fusoliera alle ali, per i cavi di comando
dalla
fusoliera ai piani di coda, per gli scarichi del motore (uno per lato)
e per lo
scalino di accesso per il pilota sul lato sinistro, poi rifinito con
una lima
(Foto 6). Per i tiranti ho voluto provare la lenza da pesca invece del
solito
sprue tirato a caldo che avevo usato finora. Vantaggi e svantaggi: lo
sprue
tirato ovviamente non ha uno spessore costante ed è fragilissimo, se
una volta
incollato non si tocca più il modello finito, non ci sono problemi, ma
se il
modello viene manipolato, trasportato, aggiunto un ultimo dettaglio,
riverniciato un particolare, al minimo tocco il tirante in filo di
sprue si può
rompere (successo al sottoscritto). La lenza da pesca invece ha uno
spessore
costante ed è robustissima. Un mio amico modellista mi mise in guardia:
“attenzione che con il tempo cede ed il tirante non sarà più teso.”
Mentre
montavo il mio aereo ho fatto una prova, nel senso che ho incollato con
la
cianoacrilica le due estremità di un pezzo di lenza nel telaio
rettangolare di
una delle stampate del mio Nieuport . Dopo alcuni giorni la lenza era
ancora
bella tesa e ciò mi ha convinto ad andare avanti con la lenza, se si
allenterà
con il tempo lo vedremo più avanti (N.B. Dopo 3 anni non si è ancora
mossa!)
Quindi prima di chiudere le fusoliere ho inserito in ogni foro un pezzo
di
lenza del diametro di 0,08mm e l’ho fissato saldamente con la
cianoacrilica dalla
parte interna.
E
finalmente chiudiamo le due
semifusoliere, è uno dei miei
momenti preferiti perché si comincia ad intravedere la sagoma ed i
volumi
dell’aereo (Foto 7).
La prossima fase è stata quella di incollare l’ala inferiore alla fusoliera e preparare l’ala superiore, i piani di coda, timone e cofano motore per la verniciatura. Come si vede dalla Foto 8, il cofano motore ha due nervature laterali in fotoincisione e i piani di coda ed il timone hanno le squadrette per l’aggancio dei cavi di comando, anche queste in fotoincisione. Incollare questi particolari così minuti è un lavoraccio ma il realismo ne guadagna molto rispetto agli stessi particolari in plastica stampata. Le squadrette hanno addirittura un minuscolo foro dove farci passare dentro il relativo cavo di comando.
A questo punto si inizia a dipingere.
I Nieuport uscivano
dalla fabbrica in un colore metallizzato non meglio precisato, secondo
il
Windsock Datafile N.20, veniva aggiunta della polvere di alluminio al
colore
base, per proteggere la tela del rivestimento dai raggi ultra-violetti
del
sole, dando così un effetto argenteo. Non volendo un colore
metallizzato
uniforme sul mio aereo, ho dipinto prima uno strato di grigio chiaro,
poi ho
spruzzato in maniera irregolare una miscela di alluminio e argento
molto
diluito, cercando di dare un po’ di profondità alle superfici (Foto
9,10 e 11)
.
Una mano di lucido ed è ora di applicare le coccarde di nazionalità
sulle ali
(Foto 12). L’apertura sull’ala superiore, nell’aereo vero, era chiusa
con un
pannello trasparente, dettaglio chiaramente visibile su alcune foto
ravvicinate. Dato che Eduard in questo caso non ha previsto niente, mi
sono
attrezzato con un pannello di plexiglas dello stesso spessore dell’ala
e con un
disco da taglio inserito sul minitrapano ho tagliato due pezzetti nella
forma
giusta per riempire i due vuoti, ho carteggiato le estremità per
adattarle alla
curva dell’ala, li ho lucidati con il compound e inserito nelle due
aperture
(Foto 13 e 14).
Si
passa alla mimetica: l’aereo di Nungesser era uno
dei pochi
Nieuport con le
superfici superiori di ali e fusoliera mimetizzate in
verde e
marrone, con un sottile bordo delle ali e piani di coda lasciato nel
colore
originale metallizzato.
Quindi ho mascherato un bordo di un millimetro
con il
nastro Tamiya (Foto 15) ed ho spruzzato a mano libera i due colori
mimetici. Da
un po’ di tempo per le mimetiche uso gli acrilici, soprattutto Gunze e
Tamiya,
li preferisco agli smalti per la loro semplicità d’uso, le due marche
citate si
diluiscono con il loro diluente specifico ma anche con il comune alcol
a 90°.
Si asciugano in un attimo e sulle superfici verniciate non fanno in
tempo ad
attaccarsi quei fastidiosissimi peluzzi e granelli di polvere che
sembrano
comparire appena si mette mano all’aerografo. Inoltre mi piace lavorare
con
strati sottili di vernice, per un miglior controllo del colore e per
non
coprire completamente dettagli sottili o eventuali preombreggiature. In
questo
caso ho lasciato intravedere le coccarde dell’ala superiore, che, come
testimoniano alcune foto, venivano ricoperte, ma non del tutto, dalla
mimetica
applicata sul campo (Foto 16).
Ho
infine applicato la decal con
l’insegna
personale di Nungesser, un cuore nero con teschio, bara e candele, di
cui ne
portava una versione ricamata sulla sua camicia bianca! Per dare
profondità ho
eseguito un drybrush con dei colori leggermente più chiari su ali e
fusoliera
(Foto 17 e 18). Per quanto riguarda il timone, ho preferito dipingerlo
invece
di usare le decals tricolori (Foto 19, 20 e 21).
Veniamo
ora ai particolari più
piccoli. Le mitragliatrici ed
il motore vengono dettagliati con alcuni particolari foto incisi,
dipinti in
gunmetal e finiti con pennellate a secco di alluminio e argento (Foto
22,23 e
24). Il piccolo parabrezza è disponibile in due versioni, uno in
plastica
trasparente e un altro (delizioso) in fotoincisione, che va piegato
nella forma
a semicerchio e inclinato leggermente all’indietro. Per sicurezza e per
scaramanzia ho dipinto anche quello in plastica ma poi mi ha
soddisfatto più la
versione foto incisa (Foto 25).
I
montanti a V delle ali erano in
legno e li ho dipinti
così: prima uno strato in marrone acrilico chiaro, poi con il
pennellino fino
delle striature in marrone più scuro e infine una mano di trasparente
arancione
Tamiya, leggermente diluito, per amalgamare il tutto. Il risultato non
è male e
simula abbastanza bene il legno. Dalla Foto 26 si vede che ho inserito
della
lenza da pesca alla base dei montanti, facendo due minuscoli fori poi
chiusi
con la cianoacrilica e carteggiati, questi tiranti vanno dalla base
dell’ala
inferiore ai montanti centrali sull’ala superiore. Il cofano motore,
che era
già verniciato in alluminio, ha ricevuto un effetto metallo lavorato:
ho
dipinto delle minuscole virgole in gunmetal molto diluito e poi ho
spruzzato un
leggero strato di argento/alluminio (Foto 27 e 28). Le ruote sono state
dipinte
nello stesso marrone della mimetica. Per dipingere la gomma ho
realizzato delle
mascherine in proprio con il nastro Tamiya tagliato con il taglierino a
compasso (Foto 29 e 30). Con una matita color marrone più chiaro ho
tracciato i
raggi sulla ruota, come se si intravedessero dal rivestimento esterno.
L’effetto inizialmente troppo marcato è stato attenuato con un
successivo drybrush
e lavaggio scuro (Foto 31 e 32). Una volta finite le ruote il grigio
delle
gomme mi sembrava troppo chiaro e l’ho rifatto con un grigio più scuro
(Foto 33).
Alla fine anche questo mi sembrava troppo scuro, forse avrei dovuto
farlo una
via di mezzo tra il grigio chiaro del primo tentativo e quello scuro
del
secondo, ma alla fine l’ho lasciato così.
Elica:
anni fa, partecipando ad una
mostra/concorso con il
mio vecchio club, venni avvicinato da un modellista un po’ più grande
di me, il
quale, ammirando il mio Fokker D.VIII con l’elica in plastica dipinta
mi
disse:”Visto che ti piacciono gli aerei della prima guerra mondiale,
perché non
fai le eliche in legno?” E chi ci aveva mai pensato, risposi io. Poco
tempo
dopo, quel simpatico modellista, che risponde al nome di Favero, mi
fece
pervenire una deliziosa elica in legno in scala 1/48 da lui realizzata.
E così
seguì il suo consiglio (Grazie Favero!) Ci vuole un pochino di tempo in
più ma
ne vale pena. Si prendono dei listelli di legno di modellismo navale,
alternati
nella tonalità del colore e si incollano insieme fino a raggiungere lo
spessore
dell’elica. Con una dima realizzata dal disegno in scala si tracciano i
contorni sul legno, si ritaglia il bordo esterno (anche qui ho usato il
disco
da taglio sul minitrapano) e poi si carteggia dando la tipica forma e
inclinazione delle pale dell’elica.
Preso
dall’entusiasmo ho
carteggiato troppo
ed ho rotto una pala, ma avevo ancora la pazienza per farne un'altra.
Guardando
poi le foto delle eliche dei Nieuport mi sono accorto che non c’era
tutta
questa differenza di colore tra uno strato e l’altro di legno (cosa che
invece
si vede sulle eliche di molti Fokker e Albatros). Poco male, ho dato
uno strato
molto diluito di marrone acrilico e arancione trasparente Tamiya, anche
esso molto
diluito. L’effetto finale mi piace molto più di qualsiasi elica in
plastica
dipinta (Foto 34-43).
Siamo quasi alla fine: si incollano
timone e piani di coda,
collegando i cavi di comando alla propria squadretta (Foto 44), poi i
montanti
centrali, mitragliatrice e parabrezza (Foto 45). Ovviamente va fatta
molta
attenzione nell’incollare i montanti centrali poiché da questi dipende
il buon
centraggio dell’ala superiore. Ho usato la colla cianoacrilica in gel,
che
permette un minimo di tempo per allineare i pezzi prima di asciugarsi.
Così ho
potuto appoggiarvi sopra l’ala e verificare la corretta posizione (Foto
46)
Tocca ora ai montanti esterni a V e si incolla l’ala superiore (Foto
47). A
tale scopo mi sono procurato anche un supporto/dima, che è utile per
montare le
ali dei biplani ma, a mio avviso, si riesce a fare anche senza. Si
collegano
ora tutti i tiranti che, grazie al lavoro fatto in precedenza, sono già
saldamente fissati ad una delle estremità. Si prende l’estremità
libera, si
tira fino alla sua posizione finale, che solitamente è nel punto di
contatto
tra un montante e un’ala, e si fissa con una goccia di ciano acrilica.
Si
taglia il pezzo in eccedenza e, per nascondere eventuali tracce di
cianoacrilica si da una goccia di vernice opaca trasparente.
Rimangono da montare gli ultimi particolari, che fortunatamente non creano nessun grattacapo: carrello, motore, cofano, elica e l’ogiva semisferica (che i francesi chiamavano cône de pénétration) si montano in un attimo. La ciliegina sulla torta è costituita dalla mitragliatrice sull’ala superiore con il suo supporto in fotoincisione, impegnativo da piegare e incollare ma che aggiunge un fascino particolare ad un aereo di altri tempi (Foto 48-53).