Le tristi vicende dei R. Smg. Remo e Romolo – post scriptum
“Mio
Padre Olimpio Terzolo”
Straordinariamente nelle ultimissime settimane, a quattro anni di distanza dalla ricerca sulle vicende dei Regi Sommergibili Remo e Romolo, ispirata dal nostro amico Tullio Buratti, nipote di uno dei caduti del Remo, Cotoloni Renzo, nostro concittadino, si sono fatti vivi a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, i parenti di alcuni dei marinai periti in quel luglio del 1943. La Signora Bruna, figlia della sorella del Sc. Comparini Bruno ci ha chiamato da Genova ed il giorno successivo una mail ci è arrivata da un parente di Pietro Terzolo, figlio di Olimpio, Capo di 3° Classe, entrambi dell’equipaggio dello sfortunato Remo. Infine lo stesso Terzolo ci ha passato un indirizzo per contattare il figlio di un altro caduto del Remo, Giocondo David, dalla provincia di Brescia.
In particolare il Sig. Pietro Terzolo che vive a Villa San Secondo di Asti ci ha inviato gentilmente uno scritto da lui redatto nel 1992, in memoria del padre che praticamente non ha mai conosciuto, nel quale ha raccolto il frutto delle ricerche che ha condotto in quegli anni per cercare di sapere qualcosa di più sulle sorti del genitore, spinto dalla voglia di sapere, come avvenuto prima o poi a tutti coloro che hanno perduto una persona cara in circostanze oscure e sulle quali per anni si è fantasticato o speculato, lasciando aperta la porta ad una tenue speranza di vedere un bel giorno ritornare il proprio congiunto. La mamma della Sig.ra Comparini negli anni sessanta da Genova raggiunse Roma per parlare con uno dei superstiti del Remo (Dario Cortopassi??) perché voleva sapere se era vero che ci furono 6 sopravvissuti anziché i quattro confermati, all’affondamento del Remo, perché lei aveva ricevuto una notizia che suo fratello Bruno era stato salvato ed era stato imprigionato in Kenya. Purtroppo non era vero. Molti parenti sono morti negli anni senza sapere neanche dove fosse avvenuto l’affondamento e con la testarda speranza che ci fosse una possibilità….
Il Sig. Terzolo si recò invece al Museo della Marina di La Spezia, dove il direttore di allora, l’Amm. a riposo Cusmai gli passò tutte le informazioni che si conoscevano sulla sorte del Remo. Il testo raccolto del quale ci è stato fatto dono di una copia, riporta oltre alle vicende note della guerra, quelle vicende personali e quei pochi fatti che un figlio ha raccolto come unica testimonianza del passaggio terreno di un padre che non ha mai conosciuto, con l’amorevole intento di fare qualcosa per perpetuare il ricordo di una persona che ha dato la propria vita per la patria e che ha lasciato purtroppo lui bambino di 11 mesi, solo con la mamma in mezzo ad una guerra che da lì a poco sarebbe arrivata sul suolo continentale dell’Italia. Soli con tutti i problemi che possiamo immaginare e che solo grazie ai sacrifici di una delle tante mamme/vedove prodotte dalla guerra ha potuto essere una vita serena e dignitosa.
Riportiamo di seguito alcuni brani estratti dal lavoro di Terzolo che ci ha autorizzato molto volentieri, intitolato “Mio Padre”, sempre per il piacere di mantenere vivo il ricordo di questi caduti a 70 anni di distanza.
“Mio padre per libera scelta, fu un militare di
professione e come
militare, al di là di ogni ideologia politica o schieramento di parte,
servì
fedelmente lo Stato italiano, accettando i meriti e le responsabilità
che tale
servizio comporta.
La sua appartenenza alle Forze Armate fu
caratterizzata da un forte
senso del dovere, al quale mai si sottrasse; un dovere da lui adempiuto
fino
alle estreme conseguenze, al sacrificio della propria vita, che egli
perse in
età di anni trenta.
Appena diciottenne si arruolò volontario nella
Regia Marina Militare;
frequentò la scuola navale conseguendo il grado di 1° Sottufficiale
Nocchiere.
Imbarcato in un primo tempo sui mezzi di superficie, optò
successivamente per
l’attività subacquea e fu a bordo del sommergibile AXUM. A 28 anni volle
crearsi una famiglia benché l’Italia fascista di Mussolini fosse già
entrata
nell’orbita del secondo conflitto mondiale. Forse egli sperava in una
rapida
conclusione della guerra, forse non valutò
a sufficienza il momento storico in cui viveva o forse
semplicemente
avversato dalla fortuna, ma chi di noi è in grado di conoscere il
futuro e, di
conseguenza, disporre a piacimento della propria sorte?
Le
vicende della
guerra in corso e la perizia professionale da lui dimostrata sull’AXUM,
lo
portarono sul REMO, un sommergibile di nuova costruzione ma di nessuna
potenzialità bellica. Il REMO si rivelò subito fatale per lui come per
tutti
gli altri membri dell’equipaggio (tranne 4 uomini n.d.r.). Consegnato alla Marina il 19 giugno 1943 il
REMO venne affondato
dal nemico il 15 luglio successivo, durante la sua prima missione di
guerra,
poche ore dopo aver salpato dal porto di Taranto…..Non nascondo tuttora
la
commozione provata quando, scorrendo l’elenco dei caduti del REMO,
lessi il
nome di mio padre. …..Fino ad allora di lui null’altro possedevo
all’infuori di
qualche vecchia fotografia, di alcuni documenti ingialliti dal tempo e
scollegati ricordi familiari.
Olimpio
Terzolo nacque
il 4 gennaio 1913 ad Incisa Belbo, oggi Incisa Scapaccino, provincia di
Asti,
quarto di sei figli maschi. La famiglia era così composta:
il papà Pietro, nato nel 1874 e
mancato nel 1932,
la mamma Caterina Porta, nata nel
1889.
I figli Giovanni, Teresio,
Francesco (Cichin), Olimpio, Secondo, Giuseppe (Pinin).
L’etimologia del nome Terzolo
rivela l’origine contadina della famiglia. Infatti nelle campagne
astigiane, il
terzolo (in piemontese tersoel) altro non
è che il terzo taglio del fieno, ossia il settembrino.
(Il primo taglio: il maggengo – il
secondo: l’agostano – il terzo taglio: il terzolo appunto)…... Negli ultimi due secoli i Terzolo si erano
dedicati esclusivamente al lavoro dei campi. Possedevano terreni, vigne
e capi
di bestiame e, seppur non facoltosi, potevano dirsi benestanti.
Mio padre però non era nato per
fare il contadino. Egli solo fra tutti sentì la necessità di migliorare
la
propria condizione sociale e culturale, e pertanto al compimento del
18° anno
di età inoltrò domanda per entrare a far parte della Guardia di Finanza.
Alla visita medica venne tuttavia respinto in quanto trovato affetto da cardiopalmo. Deluso e preoccupato, tornò al paese natio e confidò alla mamma l’esito negativo delle sue aspirazioni, motivato appunto dalla diagnosi medica avversa. Sua mamma allora gli disse: “Vedi quell’albero laggiù? Adesso fai una corsa fin laggiù e poi ritorni indietro senza fermarti.”
Così lui fece ed al termine della
corsa non risentì alcun disturbo sintomatico.
“Stai tranquillo, figlio mio – gli disse sua mamma- tu sei sano, il cardiopalmo non ce l’hai. E’ stata soltanto una scusa dei medici per respingere la tua domanda.”
Confortato da queste parole, in
quello stesso anno 1931 Olimpio ritentò nuovamente, ma non più nella
Guardia di
Finanza ; si arruolò volontario nella Regia Marina Militare superando,
senza
alcuna difficoltà, la prescritta visita medica.
Frequentò la Scuola Navale di Pola, a quel tempo città italiana, poi l’anno successivo, il 1932, compì durante il corso, un viaggio di addestramento in America a bordo della nave scuola “Cristoforo Colombo” (n.d.r. gemella della più famosa Amerigo Vespucci; venne consegnata nel 1949 all’Unione Sovietica, parte degli indennizzi per risarcimento dei danni di guerra).
Nella traversata oceanica, il
loro veliero incontrò sulla propria rotta una grande e moderna nave
della
Marina italiana: il transatlantico “Conte di Savoia” gemello del più
famoso
“Rex”.
Sbarcati a New York, mio padre approfittò
della libera uscita per far visita ad una famiglia di suoi conoscenti
di
Incisa, che si era da poco trasferita in quella grande metropoli.
Nei due anni che seguirono
completò gli studi per diventare “Nocchiere” e superò brillantemente
l’esame per
la promozione a Primo Sottufficiale, ricevendo un elogio solenne e
nazionale
dall’Ammiraglio Domenico Cavagnari.
Nell’autunno del 1935, partecipò
alla guerra di Abissinia a bordo del ricognitore “Malamocco”.
Come raccontò in seguito a mia
mamma, quando giunse la prima volta nel porto di Massaua subì l’intensa
calura
del sole africano.
Allorchè scese la sera vide con
stupore che gli altri marinai si apprestavano a coricarsi predisponendo
ognuno
più coperte accanto al proprio letto.
Ignorandone il motivo non si
detta pensiero e si gettò tutto sudato sulla sua brandina in canottiera
e
mutandine. Mio padre, essendo ancora
inesperto del clima dell’Africa, non sapeva che ai tropici, durante la
notte,
la temperatura si abbassa fortemente.
Infatti si svegliò, ormai già
buio, battendo i denti e rabbrividendo per il freddo. Fu lesto a
cercare di che
coprirsi.
Nel 1936 scoppiò la guerra civile
in Spagna. L’Italia e la Germania inviarono corpi militari in aiuto del
generale Francisco Franco; Francia e l’Unione Sovietica sostennero
invece le
forze della sinistra spagnola.
Il corpo di spedizione italiano
venne trasportato via mare. Anche la nave su cui era imbarcato mio
padre
partecipò alla spedizione. Come raccontò poi in seguito, nel loro
viaggio verso
la penisola iberica
vennero sorvolati
da aerei dell’Unione Sovietica che andavano a dar man forte ai
comunisti
spagnoli.
I piloti russi, però benchè
nostri avversari, non nutrivano alcuna particolare ostilità nei
confronti di
noi italiani. Volando molto basso, salutavano con la mano le truppe ed
i
marinai delle navi i quali, a loro volta, rispondevano al saluto con
altrettanta cordialità.
Nel 1938, in seguito ad un
diverbio di opinioni con il proprio comandante, mio padre chiese ed
ottenne il
trasferimento su unità subacquee; mezzi navali che in quegli anni si
pensava
dovessero avere, nella nostra Marina Militare, un impiego tattico
sempre più
crescente.
Mio padre venne assegnato, in
qualità di nocchiere, al sommergibile “AXUM”, di nuova costruzione,
dove seppe
farsi benvolere ed apprezzare per la serietà, l’impegno e le capacità
professionali.
Il 5 maggio1938
l’AXUM prese parte alla grande esercitazione
svoltasi nel golfo di Napoli, nella quale “100 sommergibili emersero
contemporaneamente in formazione e, tutti assieme, eseguirono una salva
d’artiglieria”.
Quella dimostrazione, di
particolare efficienza della nostra Marina Militare, “fece grande
impressione
all’estero”.
Lo zio Pinin, ricordando ciò che
li disse a suo tempo mio papà, racconta:
-Durante l’immersione il sommergibile
AXUM discese forse con troppa rapidità e andò ad incagliarsi con la
prua nel
fondo, lasciando il battello fortemente inclinato.
L’equipaggio fece subito ripetuti
tentativi per sbloccarlo da quella situazione, ma il fondale melmoso
tratteneva
con ostinazione il sommergibile.
Tutti a bordo temettero il peggio
quando, dato un ultimo forte strappo con i motori elettrici, l’”AXUM”
riuscì a
disincagliarsi ed a emergere in contemporanea con tutti gli altri
sommergibili.
Nell’anno successivo, il 1939,
per merito dei suoi studi e del suo impegno, mio padre raggiunse il
grado di
Sergente Maggiore.
Sempre in quell’anno, tramite sua
zia Antonietta, entrò in contatto epistolare con una bella ragazza
bruna di 19
anni (che fu poi mia mamma): Maria, nata a Torino l’8 giugno 1920,
figlia di
Carlo Zola e Natalina Pellerino, residente con i proprio genitori a
Torino in
via Gressoney n°10.
All’inizio fra i due giovani ci
fu soltanto un timido scambio di corrispondenze, con reciproco invio di
fotografie.
Il loro primo incontro avvenne il
1° gennaio 1940 nella casa di lei. Si piacquero subito l’uno all’altra
e dopo
breve tempo si fidanzarono.
Il 10 giugno di quello stesso
anno l’Italia di Mussolini dichiarò guerra alla Gran Bretagna e alla
Francia.
Malgrado la preoccupante
prospettiva, essi si sposarono ugualmente.
La cerimonia venne celebrata il
15 febbraio 1941 nella chiesa di Nostra Signora della Pace, in corso
Giulio
Cesare a Torino. Dopo il matrimonio gli sposi partirono subito per il
viaggio
di nozze che fu Roma. Napoli e Venezia. Si stabilirono infine a
Monfalcone dove
mio padre era di base con il sommergibile.
Quando l’Italia entrò in guerra,
nel giugno del 1940…….mio padre si trovava imbarcato sull’AXUM,
sommergibile
della classe Adua, tutti battezzati con nomi di località abissine.”
Per contrastare l’intervento delle unità navali britanniche che dal mare cercavano di appoggiare con i loro cannoneggiamenti le truppe del gen. Wawell in ritirata, vennero inviati alcuni sommergibili, tra cui l’AXUM.
“Il 23 giugno 1941, al largo di
Marsa Matruh, al comando del Capitano di Corvetta Gariazzo, l’AXUM
intercettò
un’unità imprecisata e lanciò due siluri dei quali uno deviò per corsa
irregolare. Subito dopo l’esplosione del siluro, di cui non si potè
accertare
le conseguenze, l’AXUM fu intercettato dal nemico e sottoposto a breve,
ma
precisa caccia antisommergibile”. Mio padre raccontò in seguito che in
quei
tremendi momenti sentì la morte vicina . Le
bombe di
profondità esplodevano tutt’intorno al sommergibile che solo per un
vero
miracolo non fu colpito e affondato.
A bordo furono spenti i motori e
fu evitato qualsiasi rumore che potesse segnalare la loro presenza agli
idrofoni della nave inglese.
Nel più completo silenzio,
squassato soltanto dai continui scoppi delle bombe, l’AXUM discese
sempre più
nelle profondità del mare, fin quasi a toccare il fondo sabbioso. Qui
per loro
fortuna, incontrarono una corrente sottomarina che trascinò via il
battello,
allontanandolo piano piano dalla zona nella quale continuavano a cadere
con
insistenza le bombe di profondità.
Al termine di una missione in
Mediterraneo nell’estate del 1941, l’AXUM si indirizzò a Lero, un’isola
dell’Egeo nella quale l’Italia aveva una base per i suoi sommergibili.
Lero
facente parte di quel gruppo di isole che va sotto il nome di
Dodecaneso, era
retaggio della guerra italo-turca. …..
Come raccontò in seguito mio
padre, quando il loro sommergibile, che procedeva in navigazione
subacquea,
riemerse vicino all’isola, da terra fu scorto ma non identificato.
Il comando della base chiese
urgenti istruzioni via radio al Ministero a Roma sulla presenza nelle
acque
antistanti l’isola di un sommergibile sconosciuto. Da Roma senza minimamente preoccuparsi
se il battello
fosse amico e nemico, giunse, immediato e perentorio quest’ordine:
“Distruggetelo”.
L’equipaggio dell’AXUM,
all’oscuro di ogni cosa, si era nel frattempo portato in coperta,
felice di
approdare in un porto italiano dopo tanti giorni di pericolosa missione
di
guerra.
Da terra, invece, si staccò un
MAS che si diresse verso di loro intenzionato ad eseguire gli ordini di
Roma.
I marinai dell’AXUM, convinti che
la motosilurante fosse venuta all’incontro per una festosa accoglienza,
diedero
gran voce e agitarono le braccia in segno di saluto; dal MAS, per tutta
risposta,
partirono raffiche di mitragliatrice , come se non bastasse, contro il sommergibile fu
lanciato anche un
siluro.
Per vera fortuna sia le raffiche
di mitraglia, sia il siluro, non andarono a segno e non ci furono né
morti né
feriti.
L’incredibile equivoco venne
subito chiarito, con tanto di scuse da parte dei responsabili della
base, ma
certo i marinai dell’AXUM quel giorno, si presero un bello spavento.
Le necessità della guerra
obbligarono mamma a seguire mio padre nelle diverse città in cui il
sommergibile
doveva stazionare, sia per esigenze operative che per riparazioni. In
quell’estate del 1941 fu perciò con lui a Messina ed in settembre a
Cagliari in
Sardegna, città nella quale avvenne il mio concepimento.
Nel mese di marzo del
1942, il
Ministero decretò che a tutti i marinai imbarcati sui sommergibili
venisse
concesso un periodo di vacanza da trascorrere in località montane e,
precisamente a Merano in Alto Adige.
Per i militari la permanenza era
gratuita mentre ai familiari
la retta
venne ridotta della metà. In breve questa cittadina fu invasa da
tantissimi
marinai e graduati, chi da solo, chi con la propria famiglia. I miei
genitori
durante il loro soggiorno a Merano andarono a risiedere presso l’Hotel
Maia.
Il 15 luglio 1942, l’AXUM, al comando
del T.V. Ferrini, si trovava in ricognizione lungo le coste
settentrionali
della Tunisia quando a levante dell’isola dei Cani, avvistò l’unità
britannica
WELSHMAN che dirigeva a tutta forza verso Malta. Nonostante il mare
grosso che
ostacolava il sommergibile, alle 20,00 riuscì a lanciare tre siluri che
tuttavia fallirono il bersaglio.
Nel mese seguente, nelle acque
del Mediterraneo, si svolse una battaglia navale di notevole
importanza, meglio
conosciuta come “La battaglia di Mezzo Agosto, nel corso della quale il
sommergibile AXUM riuscì a conseguire i maggiori successi.
Infatti verso metà agosto l’ammiragliato britannico organizzò un imponente convoglio per cercare di far arrivare a Malta, che assediata dal mare stava morendo di fame, preziosissimi e necessari materiali e viveri di tutti i generi. Il convoglio di 14 piroscafi era scortato da 2 navi da battaglia, 4 portaerei, 7 incrociatori e 30 cacciatorpediniere. Il convoglio venne attaccato con violenza dalle forze aeree e navali dell’Asse. In particolare i sommergibili stavano mietendo vittime. Il sommergibile tedesco U73 nel pomeriggio del 10 agosto affondò la portaerei EAGLE. Il mattino il sommergibile italiano UARSCIEK aveva danneggiato seriamente la FURIOUS………….
“Alle 19,30 dello stesso 12 agosto
anche il sommergibile AUXUM, sempre al comando del T.V. Renato Ferrini,
avvista
il convoglio che sta transitando nelle acque al largo delle coste
settentrionali tunisine.
In quota periscopica si porta a
distanza serrata ed effettua, alle 19,55, un solo e abile lancio a
“ventaglio”
dei quattro siluri di prora.
Passano 63 secondi allorché viene
udita una forte esplosione e dopo 90 secondi altri due scoppi.
Sono state centrate tre
importanti unità del convoglio inglese:
-L’incrociatore HMS NIGERIA
(10.800 T.), nave
bandiera
dell’ammiraglio comandante della Forza X, che resta gravemente
danneggiato;
-L’incrociatore HMS CAIRO (5.400
T.) che affonda poco dopo;
- La nave cisterna OHIO (9.514
T.) che, nonostante i gravi danni subiti, riuscirà ugualmente ad
arrivare a
Malta.
Subito dopo il lancio l’AUXUM
tenta il disimpiego ma subisce due ore di insistente caccia con bombe
di
profondità. Grazie alla manovra di allontanamento eseguita, non subisce
danni.
Alle 22,50, cessato lo scoppio delle bombe, emerge e nella zona vede,
in
distanza, due scafi in fiamme, intorno ai quali si muovono due
cacciatorpediniere; più lontano un altro scafo fermo,
circondato da fumo intensissimo e sul quale le fiamme
cominciano
a spegnersi.”
“Alla fine di gennaio del 1942
mamma venne via da Cagliari e si stabilì a Torino a casa dei propri
genitori
per essere assistita maggiormente durante la gravidanza. Il 27 agosto,
in via
Gressoney 10, alle ore 15,20, avvenne la mia nascita.
Mio padre avrebbe sperato in una
licenza per essere presente almeno il giorno del mio battesimo, ma le
circostanze della guerra non glielo consentirono.
Nella primavera del 1943, durante
una breve licenza, accompagnò me e mia madre a sfollare in Val D’Aosta,
a
Mongiove, per timore dei continui bombardamenti su Torino. In quei
giorni
fecero anche una bella gita nelle vicinanze di Saint Vincent, ma nel
complesso
la vita a Mongiove si rivelò più ostile dei bombardamenti nemici per
cui, dopo
neppure un mese, la mamma fece ritorno a Torino.
Il
Comandante dell’AUXUM, Renato
Ferrini, seppe apprezzare pienamente le qualità di mio padre: la
bravura come
“nocchiere” e la serietà professionale più volte dimostrata.
Sapendo che la mia nascita era
imminente, gli attestò la propria stima con questa promessa: “Terzolo,
se tu
avrai un figlio lo prenderò sotto la mia tutela. Provvederò perché
possa avere
un’istruzione adeguata. Lo farò studiare all’Accademia affinché diventi
un
bravo Ufficiale di Marina. Te lo prometto. Ma le cose andarono diversamente.
Dopo l’8 settembre 1943, il
Ferrini aderì alla Repubblica Sociale Italiana, ultimo baluardo
fascista
nell’Italia del Nord. Con la fine della guerra e la vittoria degli
Alleati, il
Ferrini dovette emigrare in America, pare i Brasile, per evitare
rappresaglie
da parte degli antifascisti.
Nel frattempo le vicende belliche stavano volgendo a sfavore dell’Italia, la cui industria bellica stava delineando tutte le proprie enormi lacune. Occorrevano materie prime e materiali speciali rari in Europa. Per poter consentire l’approvvigionamento in Estremo Oriente, presso l’’alleato giapponese si pensò di allestire una serie di sommergibili appositamente pensati per il trasporto. Nacque per queste esigenze la classe “R”, originalmente pianificata su 12 battelli. La costruzione dei primi cinque venne affidata ai cantieri Tosi di Taranto, tre a cantieri C.R.D.A. di Monfalcone ed i rimanenti 3 alla O.T.O. di Muggiano.
Il 19 giugno 1943 i cantieri navali di Taranto consegnarono alla Regia Marina i primi due esemplari : il REMO ed il ROMOLO.
“Mio padre, che nel frattempo
aveva conseguito il grado di Capo di 3° Classe, fu prescelto dal
comandante del
REMO quale “nocchiero” della nuova
unità.
Il comandante, Tenente di
Vascello Vassallo, lo richiese espressamente per via delle sue ottime
note
caratteristiche.”
La missione che il REMO ed il ROMOLO dovevano intraprendere, nuova nel suo genere, era di capitale importanza per le sorti della guerra in corso. Alla formazione dei relativi equipaggi furono perciò destinati elementi di provata capacità. Fra tutti i marinai dell’AXUM, soltanto mio padre venne trasferito sul nuovo sommergibile.
“Nel mese di giugno mio padre
beneficiò di una breve licenza che passò con noi a Torino. Disse a mia
mamma
del suo trasferimento sul sommergibile REMO, di nuova costruzione,
aggiungendo
che avrebbe dovuto andare in missione segreta fino in Giappone per un
rifornimento di gomma. Il viaggio era lungo e per alcuni mesi gli
sarebbe stato
impossibile farci avere sue notizie.
Durante quei pochi giorni di
licenza a Torino, mamma convinse mio padre a consultare una chiromante,
la
Signora Visca Regina, (patentata ed autorizzata dalla Questura di
Torino con
tanto di licenza esposta sotto vetro nella sala d’attesa). La
chiromante Visca,
dopo aver esaminato attentamente le linee della mano di entrambi, disse
che
vedeva agiatezza ma poi, rivolta a lui con sguardo serio aggiunse:
“Stia attento ad un
tradimento.”
Il giorno successivo andammo
tutti
ad Incisa, io avevo solo dieci mesi di vita, a salutare la
famiglia del
mio papà: i suoi fratelli e la mamma Caterina.
Poi la mamma, che mi teneva con
se, prese il treno e rientrò a Torino. Alla stazione di Alessandria
avvenne il
loro inconsapevole, ultimo abbraccio!”
Ricorda mia mamma: “Stava sotto la pensilina del marciapiede della stazione. Era in divisa blu scuro. Continuava a salutarmi e anch’io dal finestrino del treno lo salutai finché non scomparve dalla mia vista. Quella fu l’ultima volta che vidi tuo padre”. In quei giorni però mio padre non disse a mamma che presagiva la sua fine imminente. Confidò tale presentimento soltanto ai suoi famigliari. “In questi nuovi sommergibili –disse loro- hanno levato molta strumentazione ed armamenti. Da questa pericolosa missione non tornerò più”
“Volle poi andare ancora in treno
fino a Ventimiglia a salutare Pinin, il fratello più giovane, che
prestava
servizio nella Polizia di Frontiera. Non gli riuscì di trovarlo in
quanto Pinin
era in perlustrazione con la pattuglia su per le montagne. Mio padre,
non
avendo il tempo di aspettarlo, lasciò detto: “Mi dispiace di
non averlo
potuto salutare, perché non lo rivedrò più”. Con
il treno rientrò alla base di Taranto.
Mamma ricevette ancora, da
Taranto, una lettera di mio padre con la quale egli le inviava una sua
recente
fotografia. Era ritratto a mezzo busto, portava la divisa bianca estiva
e
sorrideva. Fu la sua ultima lettera.”
I due nuovi sommergibili, il REMO ed il ROMOLO, dovevano portarsi a Napoli per imbarcare strumentazione militare da consegnare ai giapponesi. Le apparecchiature erano importantissimi congegni di fabbricazione tedesca, proveniente dalla base di Peenemunde. Tecnici tedeschi sarebbero saliti a bordo delle due unità per scortare fino al Pacifico il prezioso carico.
“Il REMO, sul quale si trovava
mio padre, partì da Taranto nella tarda mattinata del 15 luglio 1943.
Il sommergibile, navigando in
superficie, fece rotta verso sud, in direzione dello Stretto di Messina.
Alle 18,00, dopo circa sei ore di
navigazione, allorché ebbe doppiato Punta Alice – 25 miglia ad est
della costa
calabra – fu intercettato dal sommergibile inglese UNITED che si
trovava lì
appostato e gli lanciò contro i suoi siluri.”
Il REMO fu colpito e lo scoppio dell’ordigno ne provocò l’immediato affondamento. Il sommergibile si immerse di prora trascinando con sé in fondo al mare, tutti gli uomini che aveva a bordo. Si salvarono soltanto coloro che, trovandosi in torretta, vennero sbalzati in acqua dallo scoppio del siluro: il comandante, un ufficiale, un sottocapo elettricista ed il timoniere. Fu lo stesso sommergibile nemico a recuperare in mare i superstiti.
“Nel medesimo momento in cui il
REMO venne colpito dal siluro, e mio padre perdeva la vita, ad Incisa
sua mamma
Caterina percepì la sciagura. Era intenta alle faccende di cucina
quando
all’improvviso gettò un urlo e si portò le mani alla gola, come se
avesse
ricevuto una straziante ferita.”
“Olimpio è morto” gridò, e dal naso le cadde una goccia di sangue. I suoi figli la soccorsero subito, ma lei ripetè con profondo sconforto: “Olimpio è morto”.
Come sappiamo poche ore dopo l’affondamento del REMO, anche il ROMOLO veniva sottoposto ad attacchi di aerei nemici, i quali alla fine portarono al suo affondamento.
L’Amm. Doenitz in persona, come risulta dalle “Conferenze navali del Fuehrer” espresse…. il proprio rammarico per quanto era accaduto ai due sommergibili italiani.
“La funesta notizia venne
comunicata a mamma dai nostri cugini di Milano. Un trafiletto apparso
sul
giornale diceva, imprecisamente, che il REMO era stato affondato da un
sommergibile nemico nel Canale di Sicilia mentre viaggiava in
superficie. Il
giornale aggiungeva che quattro marinai, fra i quali il comandante, si
erano
potuti salvare. Non so come, ma mamma riuscì a sapere nome ed indirizzo
del
comandante al quale scrisse una lettera per avere maggiori ragguagli,
coltivando in cuor suo una tenue speranza.
Sia per la guerra in corso, sia
per il sopravvenuto caos dovuto all’armistizio dell’8 settembre (che
consegnò
il Nord nelle mani dei tedeschi), sia per l’occupazione alleata del
sud, o per
altre motivazioni che ancora non sappiamo, non ci fu mai alcuna
risposta alla
sua lettera.”
A fine guerra Il Ministero della
Marina Militare rilasciò a mia madre il “Verbale di irreperibilità” di
mio
padre, considerato ormai “disperso in guerra”. Il rilascio di questo
documento
lo dobbiamo all’interessamento personale del l’Ing. Rodolfo De
Benedetti,
datore di lavoro di mia nonna materna fino a poco tempo prima.
Infatti mia nonna fu alle sue
dipendenze come portinaia alla “Fabbrica Italiana Radiatori e Serbatoi
per
Aviazione”, sita appunto in via Gressoney 10, nella cui portineria
abitammo
fino al maggio del 1945.
Grazie al “Verbale di
irreperibilità”, mamma potè ottenere
la
pensione di guerra, integrata per gli anni di servizio che mio padre
aveva
fatto in Marina.
L’erogazione del vitalizio era,
ed è ancor oggi, di un importo assolutamente insufficiente ad una
persona per
poter vivere, ma la condizione di “vedova di guerra” di mia madre
agevolò la
sua assunzione, nel 1946, nei ruoli organici della Prefettura di
Torino., dove
lavorò fino al raggiungimento dell’età pensionabile.
Se mio padre non fosse stato
trasferito sul REMO ma avesse continuato a svolgere il suo lavoro
sull’AXUM,
probabilmente si sarebbe salvato.
Infatti l’equipaggio dell’AXUM fu
molto più fortunato di quello del REMO.”
L’8 settembre del 1943 l’AXUM era a Pozzuoli dove doveva riparare un’avaria ad un motore termico. Fino a quel giorno aveva compiuto 49 missioni di guerra percorrendo 26.302 miglia.
A seguito dell’armistizio l’equipaggio, rifiutando di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e di collaborare con i tedeschi, decise di consegnarsi agli Alleati.
Ripreso il mare, il sommergibile AXUM, nonostante l’avaria riuscì a raggiungere Malta da dove nel novembre del 1943 fu inviato a Taranto. Venne quindi destinato a missioni speciali verso le coste in mano tedesca.
Durante una di queste missioni, sempre molto rischiose, il 20 dicembre del 1943 si incagliò per errore di manovra sulle coste della penisola di Morea (nel Peloponneso). Gli sforzi per disincagliarlo risultarono vani per cui l’equipaggio fu costretto a far saltare questa valorosa unità subacquea perché non cadesse in mano tedesca. I marinai dell’AXUM, aiutati dalla resistenza greca, ritornarono tutti incolumi in Italia.
“Nella primavera del 1954, quando
abitavamo in Via Aosta, al quarto piano di una casa popolare senza
ascensore,
si presentò un giovane carabiniere vestito con una pesante divisa
invernale e
tutto sudato per le scale appena salite. Quel militare ci notificava
l’assegnazione, alla memoria di mio padre, di due croci di guerra.
Il
23 maggio, durante una bella
cerimonia svoltasi alla caserma Monte Grappa, sotto un bel sole
mattutino e con
folta partecipazione di pubblico, un generale, di cui ignoro il nome,
consegnò
alle madri dei caduti, alle vedove ed agli orfani le medaglie e le
croci di
guerra.
Nello stesso tempo veniva data
lettura, al microfono, delle relative motivazioni. Il generale appuntò
sulla
mia giacca la croce “al merito di guerra” e quella “al valor militare”,
assegnate alla memoria di mio padre, Olimpio Terzolo.
Alle decorazioni fece poi seguito la corresponsione di un importo annuale assai esiguo, un vitalizio più che altro simbolico, ma per noi altamente significativo.
Pietro Terzolo per Associazione Modellisti Chiaravallesi