AMC Testata

- Marzo 2013 -

Le tristi vicende dei R. Smg. Remo e Romolo – post scriptum

“Mio Padre Olimpio Terzolo”

Straordinariamente nelle ultimissime settimane, a quattro anni di distanza dalla ricerca sulle vicende dei Regi Sommergibili Remo e Romolo, ispirata dal nostro amico Tullio Buratti, nipote di uno dei caduti del Remo, Cotoloni Renzo, nostro concittadino, si sono fatti vivi a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, i parenti di alcuni dei marinai periti in quel luglio del 1943. La Signora Bruna, figlia della sorella del Sc. Comparini Bruno ci ha chiamato da Genova ed il giorno successivo una mail ci è arrivata da un parente di Pietro Terzolo, figlio di Olimpio, Capo di 3° Classe, entrambi dell’equipaggio dello sfortunato Remo. Infine lo stesso Terzolo ci ha passato un indirizzo per contattare il figlio di un altro caduto del Remo, Giocondo David, dalla provincia di Brescia.

In particolare il Sig. Pietro Terzolo che vive a Villa San Secondo di Asti ci ha inviato gentilmente uno scritto da lui redatto nel 1992, in memoria del padre che praticamente non ha mai conosciuto, nel quale ha raccolto il frutto delle ricerche che ha condotto in quegli anni per cercare di sapere qualcosa di più sulle sorti del genitore, spinto dalla voglia di sapere, come avvenuto prima o poi a tutti coloro che hanno perduto una persona cara in circostanze oscure e sulle quali per anni si è fantasticato o speculato, lasciando aperta la porta ad una tenue speranza di vedere un bel giorno ritornare il proprio congiunto. La mamma della Sig.ra Comparini negli anni sessanta da Genova raggiunse Roma per parlare con uno dei superstiti del Remo (Dario Cortopassi??) perché voleva sapere se era vero che ci furono 6 sopravvissuti anziché i quattro confermati, all’affondamento del Remo, perché lei aveva ricevuto una notizia che suo fratello Bruno era stato salvato ed era stato imprigionato in Kenya. Purtroppo non era vero. Molti parenti sono morti negli anni senza sapere neanche dove fosse avvenuto l’affondamento e con la testarda speranza che ci fosse una possibilità….

Il Sig. Terzolo si recò invece al Museo della Marina di La Spezia, dove il direttore di allora, l’Amm.  a riposo Cusmai gli passò tutte le informazioni che si conoscevano sulla sorte del Remo. Il testo raccolto del quale ci è stato fatto dono di una copia, riporta oltre alle vicende note della guerra, quelle vicende personali e quei pochi fatti che un figlio ha raccolto come unica testimonianza del passaggio terreno di un padre che non ha mai conosciuto, con l’amorevole intento di fare qualcosa per perpetuare il ricordo di una persona che ha dato la propria vita per la patria e che ha lasciato purtroppo lui bambino di 11 mesi, solo con la mamma in mezzo ad una guerra che da lì a poco sarebbe arrivata sul suolo continentale dell’Italia. Soli con tutti i problemi che possiamo immaginare e che solo grazie ai sacrifici di una  delle tante mamme/vedove  prodotte dalla guerra ha potuto essere una vita serena e dignitosa.

Riportiamo di seguito alcuni brani estratti dal lavoro di Terzolo che ci ha autorizzato molto volentieri, intitolato “Mio Padre”, sempre per il piacere di mantenere vivo il ricordo di questi caduti a 70 anni di distanza.

Mio padre per libera scelta, fu un militare di professione e come militare, al di là di ogni ideologia politica o schieramento di parte, servì fedelmente lo Stato italiano, accettando i meriti e le responsabilità che tale servizio comporta.

La sua appartenenza alle Forze Armate fu caratterizzata da un forte senso del dovere, al quale mai si sottrasse; un dovere da lui adempiuto fino alle estreme conseguenze, al sacrificio della propria vita, che egli perse in età di anni trenta.

Appena diciottenne si arruolò volontario nella Regia Marina Militare; frequentò la scuola navale conseguendo il grado di 1° Sottufficiale Nocchiere. Imbarcato in un primo tempo sui mezzi di superficie, optò successivamente per l’attività subacquea e fu a bordo del sommergibile AXUM.- A 28 anni volle crearsi una famiglia benché l’Italia fascista di Mussolini fosse già entrata nell’orbita del secondo conflitto mondiale. Forse egli sperava in una rapida conclusione della guerra, forse non valutò  a sufficienza il momento storico in cui viveva o forse semplicemente avversato dalla fortuna, ma chi di noi è in grado di conoscere il futuro e, di conseguenza, disporre a piacimento della propria sorte?

Le vicende della guerra in corso e la perizia professionale da lui dimostrata sull’AXUM, lo portarono sul REMO, un sommergibile di nuova costruzione ma di nessuna potenzialità bellica. Il REMO si rivelò subito fatale per lui come per tutti gli altri membri dell’equipaggio (tranne 4 uomini n.d.r.). Consegnato alla Marina il 19 giugno 1943 il REMO venne affondato dal nemico il 15 luglio successivo, durante la sua prima missione di guerra, poche ore dopo aver salpato dal porto di Taranto…..Non nascondo tuttora la commozione provata quando, scorrendo l’elenco dei caduti del REMO, lessi il nome di mio padre. …..Fino ad allora di lui null’altro possedevo all’infuori di qualche vecchia fotografia, di alcuni documenti ingialliti dal tempo e scollegati ricordi familiari.

Olimpio Terzolo nacque il 4 gennaio 1913 ad Incisa Belbo, oggi Incisa Scapaccino, provincia di Asti, quarto di sei figli maschi. La famiglia era così composta:

il papà Pietro, nato nel 1874 e mancato nel 1932,

la mamma Caterina Porta, nata nel 1889.

I figli Giovanni, Teresio, Francesco (Cichin), Olimpio, Secondo, Giuseppe (Pinin).

L’etimologia del nome Terzolo rivela l’origine contadina della famiglia. Infatti nelle campagne astigiane, il terzolo (in piemontese tersoel) altro non è che il terzo taglio del fieno, ossia il settembrino.  (Il primo taglio: il maggengo – il secondo: l’agostano – il terzo taglio: il terzolo appunto)…... Negli ultimi due secoli i Terzolo si erano dedicati esclusivamente al lavoro dei campi. Possedevano terreni, vigne e capi di bestiame e, seppur non facoltosi, potevano dirsi benestanti.

Mio padre però non era nato per fare il contadino. Egli solo fra tutti sentì la necessità di migliorare la propria condizione sociale e culturale, e pertanto al compimento del 18° anno di età inoltrò domanda per entrare a far parte della Guardia di Finanza.

 

Alla visita medica venne tuttavia respinto in quanto trovato affetto da cardiopalmo. Deluso e preoccupato, tornò al paese natio e confidò alla mamma l’esito negativo delle sue aspirazioni, motivato appunto dalla diagnosi medica avversa. Sua mamma allora gli disse:  Vedi quell’albero laggiù? Adesso fai una corsa fin laggiù e poi ritorni indietro senza fermarti.”

Così lui fece ed al termine della corsa non risentì alcun disturbo sintomatico.

Stai tranquillo, figlio mio – gli disse sua mamma- tu sei sano, il cardiopalmo non ce l’hai. E’ stata soltanto una scusa dei medici per respingere la tua domanda.”

Confortato da queste parole, in quello stesso anno 1931 Olimpio ritentò nuovamente, ma non più nella Guardia di Finanza ; si arruolò volontario nella Regia Marina Militare superando, senza alcuna difficoltà, la prescritta visita medica.

Frequentò la Scuola Navale di Pola, a quel tempo città italiana, poi l’anno successivo, il 1932, compì durante il corso, un viaggio di addestramento in America a bordo della nave scuola “Cristoforo Colombo” (n.d.r. gemella della più famosa Amerigo Vespucci; venne consegnata nel 1949 all’Unione Sovietica, parte degli indennizzi per risarcimento dei danni di guerra).

Nella traversata oceanica, il loro veliero incontrò sulla propria rotta una grande e moderna nave della Marina italiana: il transatlantico “Conte di Savoia” gemello del più famoso “Rex”.

Sbarcati a New York, mio padre approfittò della libera uscita per far visita ad una famiglia di suoi conoscenti di Incisa, che si era da poco trasferita in quella grande metropoli.

Nei due anni che seguirono completò gli studi per diventare “Nocchiere” e superò brillantemente l’esame per la promozione a Primo Sottufficiale, ricevendo un elogio solenne e nazionale dall’Ammiraglio Domenico Cavagnari.

Nell’autunno del 1935, partecipò alla guerra di Abissinia a bordo del ricognitore “Malamocco”.

Come raccontò in seguito a mia mamma, quando giunse la prima volta nel porto di Massaua subì l’intensa calura del sole africano.

Allorchè scese la sera vide con stupore che gli altri marinai si apprestavano a coricarsi predisponendo ognuno più coperte accanto al proprio letto.

Ignorandone il motivo non si detta pensiero e si gettò tutto sudato sulla sua brandina in canottiera e mutandine. Mio padre, essendo  ancora inesperto del clima dell’Africa, non sapeva che ai tropici, durante la notte, la temperatura si abbassa fortemente.

Infatti si svegliò, ormai già buio, battendo i denti e rabbrividendo per il freddo. Fu lesto a cercare di che coprirsi.

Nel 1936 scoppiò la guerra civile in Spagna. L’Italia e la Germania inviarono corpi militari in aiuto del generale Francisco Franco; Francia e l’Unione Sovietica sostennero invece le forze della sinistra spagnola.

Il corpo di spedizione italiano venne trasportato via mare. Anche la nave su cui era imbarcato mio padre partecipò alla spedizione. Come raccontò poi in seguito, nel loro viaggio verso la penisola  iberica vennero sorvolati da aerei dell’Unione Sovietica che andavano a dar man forte ai comunisti spagnoli.

I piloti russi, però benchè nostri avversari, non nutrivano alcuna particolare ostilità nei confronti di noi italiani. Volando molto basso, salutavano con la mano le truppe ed i marinai delle navi i quali, a loro volta, rispondevano al saluto con altrettanta cordialità.

Nel 1938, in seguito ad un diverbio di opinioni con il proprio comandante, mio padre chiese ed ottenne il trasferimento su unità subacquee; mezzi navali che in quegli anni si pensava dovessero avere, nella nostra Marina Militare, un impiego tattico sempre più crescente.

Mio padre venne assegnato, in qualità di nocchiere, al sommergibile “AXUM”, di nuova costruzione, dove seppe farsi benvolere ed apprezzare per la serietà, l’impegno e le capacità professionali.

Il 5 maggio1938  l’AXUM prese parte alla grande esercitazione svoltasi nel golfo di Napoli, nella quale “100 sommergibili emersero contemporaneamente in formazione e, tutti assieme, eseguirono una salva d’artiglieria”.

Quella dimostrazione, di particolare efficienza della nostra Marina Militare, “fece grande impressione all’estero”.

Lo zio Pinin, ricordando ciò che li disse a suo tempo mio papà, racconta:

-Durante l’immersione il sommergibile AXUM discese forse con troppa rapidità e andò ad incagliarsi con la prua nel fondo, lasciando il battello fortemente inclinato.

L’equipaggio fece subito ripetuti tentativi per sbloccarlo da quella situazione, ma il fondale melmoso tratteneva con ostinazione il sommergibile.

Tutti a bordo temettero il peggio quando, dato un ultimo forte strappo con i motori elettrici, l’”AXUM” riuscì a disincagliarsi ed a emergere in contemporanea con tutti gli altri sommergibili.

Nell’anno successivo, il 1939, per merito dei suoi studi e del suo impegno, mio padre raggiunse il grado di Sergente Maggiore.

Sempre in quell’anno, tramite sua zia Antonietta, entrò in contatto epistolare con una bella ragazza bruna di 19 anni (che fu poi mia mamma): Maria, nata a Torino l’8 giugno 1920, figlia di Carlo Zola e Natalina Pellerino, residente con i proprio genitori a Torino in via Gressoney n°10.

All’inizio fra i due giovani ci fu soltanto un timido scambio di corrispondenze, con reciproco invio di fotografie.

Il loro primo incontro avvenne il 1° gennaio 1940 nella casa di lei. Si piacquero subito l’uno all’altra e dopo breve tempo si fidanzarono.

Il 10 giugno di quello stesso anno l’Italia di Mussolini dichiarò guerra alla Gran Bretagna e alla Francia.

Malgrado la preoccupante prospettiva, essi si sposarono ugualmente.

La cerimonia venne celebrata il 15 febbraio 1941 nella chiesa di Nostra Signora della Pace, in corso Giulio Cesare a Torino. Dopo il matrimonio gli sposi partirono subito per il viaggio di nozze che fu Roma. Napoli e Venezia. Si stabilirono infine a Monfalcone dove mio padre era di base con il sommergibile.  

Quando l’Italia entrò in guerra, nel giugno del 1940…….mio padre si trovava imbarcato sull’AXUM, sommergibile della classe Adua, tutti battezzati con nomi di località abissine.”

Per contrastare l’intervento  delle unità navali britanniche che dal mare cercavano di appoggiare con i loro cannoneggiamenti le truppe del gen. Wawell in ritirata, vennero inviati alcuni sommergibili, tra cui l’AXUM.

“Il 23 giugno 1941, al largo di Marsa Matruh, al comando del Capitano di Corvetta Gariazzo, l’AXUM intercettò un’unità imprecisata e lanciò due siluri dei quali uno deviò per corsa irregolare. Subito dopo l’esplosione del siluro, di cui non si potè accertare le conseguenze, l’AXUM fu intercettato dal nemico e sottoposto a breve, ma precisa caccia antisommergibile”. Mio padre raccontò in seguito che in quei tremendi momenti   sentì la morte vicina . Le bombe di profondità esplodevano tutt’intorno al sommergibile che solo per un vero miracolo non fu colpito e affondato.

A bordo furono spenti i motori e fu evitato qualsiasi rumore che potesse segnalare la loro presenza agli idrofoni della nave inglese.

Nel più completo silenzio, squassato soltanto dai continui scoppi delle bombe, l’AXUM discese sempre più nelle profondità del mare, fin quasi a toccare il fondo sabbioso. Qui per loro fortuna, incontrarono una corrente sottomarina che trascinò via il battello, allontanandolo piano piano dalla zona nella quale continuavano a cadere con insistenza le bombe di profondità.

Al termine di una missione in Mediterraneo nell’estate del 1941, l’AXUM si indirizzò a Lero, un’isola dell’Egeo nella quale l’Italia aveva una base per i suoi sommergibili. Lero facente parte di quel gruppo di isole che va sotto il nome di Dodecaneso, era retaggio della guerra italo-turca. …..

Come raccontò in seguito mio padre, quando il loro sommergibile, che procedeva in navigazione subacquea, riemerse vicino all’isola, da terra fu scorto ma non identificato.

Il comando della base chiese urgenti istruzioni via radio al Ministero a Roma sulla presenza nelle acque antistanti l’isola di un sommergibile sconosciuto. Da Roma senza  minimamente preoccuparsi se il battello fosse amico e nemico, giunse, immediato e perentorio quest’ordine: “Distruggetelo”.

L’equipaggio dell’AXUM, all’oscuro di ogni cosa, si era nel frattempo portato in coperta, felice di approdare in un porto italiano dopo tanti giorni di pericolosa missione di guerra.

Da terra, invece, si staccò un MAS che si diresse verso di loro intenzionato ad eseguire gli ordini di Roma.

I marinai dell’AXUM, convinti che la motosilurante fosse venuta all’incontro per una festosa accoglienza, diedero gran voce e agitarono le braccia in segno di saluto; dal MAS, per tutta risposta, partirono raffiche di mitragliatrice , come se non bastasse,  contro il sommergibile fu lanciato anche un siluro.

Per vera fortuna sia le raffiche di mitraglia, sia il siluro, non andarono a segno e non ci furono né morti né feriti.

L’incredibile equivoco venne subito chiarito, con tanto di scuse da parte dei responsabili della base, ma certo i marinai dell’AXUM quel giorno, si presero un bello spavento.

Le necessità della guerra obbligarono mamma a seguire mio padre nelle diverse città in cui il sommergibile doveva stazionare, sia per esigenze operative che per riparazioni. In quell’estate del 1941 fu perciò con lui a Messina ed in settembre a Cagliari in Sardegna, città nella quale avvenne il mio concepimento.

-Nel mese di marzo del 1942, il Ministero decretò che a tutti i marinai imbarcati sui sommergibili venisse concesso un periodo di vacanza da trascorrere in località montane e, precisamente a Merano in Alto Adige.

Per i militari la permanenza era gratuita mentre ai  familiari la retta venne ridotta della metà. In breve questa cittadina fu invasa da tantissimi marinai e graduati, chi da solo, chi con la propria famiglia. I miei genitori durante il loro soggiorno a Merano andarono a risiedere presso l’Hotel Maia.

Il 15 luglio 1942, l’AXUM, al comando del T.V. Ferrini, si trovava in ricognizione lungo le coste settentrionali della Tunisia quando a levante dell’isola dei Cani, avvistò l’unità britannica WELSHMAN che dirigeva a tutta forza verso Malta. Nonostante il mare grosso che ostacolava il sommergibile, alle 20,00 riuscì a lanciare tre siluri che tuttavia fallirono il bersaglio.

Nel mese seguente, nelle acque del Mediterraneo, si svolse una battaglia navale di notevole importanza, meglio conosciuta come “La battaglia di Mezzo Agosto, nel corso della quale il sommergibile AXUM riuscì a conseguire i maggiori successi.

Infatti verso metà agosto l’ammiragliato britannico organizzò un imponente convoglio per cercare di far arrivare a Malta, che assediata dal mare stava morendo di fame, preziosissimi e necessari materiali e viveri di tutti i generi. Il convoglio di 14 piroscafi era scortato da 2 navi da battaglia, 4 portaerei, 7 incrociatori e 30 cacciatorpediniere. Il convoglio venne attaccato con violenza dalle forze aeree e navali dell’Asse. In particolare i sommergibili stavano mietendo vittime. Il sommergibile tedesco U73 nel pomeriggio del 10 agosto affondò la portaerei EAGLE. Il mattino il sommergibile italiano UARSCIEK aveva danneggiato seriamente la FURIOUS………….

“Alle 19,30 dello stesso 12 agosto anche il sommergibile AUXUM, sempre al comando del T.V. Renato Ferrini, avvista il convoglio che sta transitando nelle acque al largo delle coste settentrionali tunisine.

In quota periscopica si porta a distanza serrata ed effettua, alle 19,55, un solo e abile lancio a “ventaglio” dei quattro siluri di prora.

Passano 63 secondi allorché viene udita una forte esplosione e dopo 90 secondi altri due scoppi.

Sono state centrate tre importanti unità del convoglio inglese:

-L’incrociatore HMS NIGERIA (10.800  T.), nave bandiera dell’ammiraglio comandante della Forza X, che resta gravemente danneggiato;

-L’incrociatore HMS CAIRO (5.400 T.) che affonda poco dopo;

- La nave cisterna OHIO (9.514 T.) che, nonostante i gravi danni subiti, riuscirà ugualmente ad arrivare a Malta.

Subito dopo il lancio l’AUXUM tenta il disimpiego ma subisce due ore di insistente caccia con bombe di profondità. Grazie alla manovra di allontanamento eseguita, non subisce danni. Alle 22,50, cessato lo scoppio delle bombe, emerge e nella zona vede, in distanza, due scafi in fiamme, intorno ai quali si muovono due cacciatorpediniere; più lontano un altro scafo fermo,  circondato da fumo intensissimo e sul quale le fiamme cominciano a spegnersi.”

“Alla fine di gennaio del 1942 mamma venne via da Cagliari e si stabilì a Torino a casa dei propri genitori per essere assistita maggiormente durante la gravidanza. Il 27 agosto, in via Gressoney 10, alle ore 15,20, avvenne la mia nascita.

Mio padre avrebbe sperato in una licenza per essere presente almeno il giorno del mio battesimo, ma le circostanze della guerra non glielo consentirono.

Nella primavera del 1943, durante una breve licenza, accompagnò me e mia madre a sfollare in Val D’Aosta, a Mongiove, per timore dei continui bombardamenti su Torino. In quei giorni fecero anche una bella gita nelle vicinanze di Saint Vincent, ma nel complesso la vita a Mongiove si rivelò più ostile dei bombardamenti nemici per cui, dopo neppure un mese, la mamma fece ritorno a Torino.

--Il Comandante dell’AUXUM, Renato Ferrini, seppe apprezzare pienamente le qualità di mio padre: la bravura come “nocchiere” e la serietà professionale più volte dimostrata.

Sapendo che la mia nascita era imminente, gli attestò la propria stima con questa promessa: “Terzolo, se tu avrai un figlio lo prenderò sotto la mia tutela. Provvederò perché possa avere un’istruzione adeguata. Lo farò studiare all’Accademia affinché diventi un bravo Ufficiale di Marina. Te lo prometto. Ma le cose andarono diversamente.

Dopo l’8 settembre 1943, il Ferrini aderì alla Repubblica Sociale Italiana, ultimo baluardo fascista nell’Italia del Nord. Con la fine della guerra e la vittoria degli Alleati, il Ferrini dovette emigrare in America, pare i Brasile, per evitare rappresaglie da parte degli antifascisti.

Nel  frattempo le vicende belliche stavano volgendo a sfavore dell’Italia, la cui industria bellica stava delineando tutte le proprie enormi lacune. Occorrevano materie prime e materiali speciali rari in Europa. Per poter consentire l’approvvigionamento in Estremo Oriente, presso l’’alleato giapponese si pensò di allestire una serie di sommergibili appositamente pensati per il trasporto. Nacque per queste esigenze la classe “R”, originalmente pianificata su 12 battelli. La costruzione dei  primi cinque venne affidata ai cantieri Tosi di Taranto, tre a cantieri C.R.D.A. di Monfalcone ed i rimanenti 3 alla O.T.O. di Muggiano.

Il 19 giugno 1943 i cantieri navali di Taranto consegnarono alla Regia Marina i primi due esemplari : il REMO ed il ROMOLO.

Mio padre, che nel frattempo aveva conseguito il grado di Capo di 3° Classe, fu prescelto dal comandante del REMO quale “nocchiero” della nuova unità.

Il comandante, Tenente di Vascello Vassallo, lo richiese espressamente per via delle sue ottime note caratteristiche.”

La missione che il REMO ed il ROMOLO dovevano intraprendere, nuova nel suo genere, era di capitale importanza per le sorti della guerra in corso. Alla formazione dei relativi equipaggi furono perciò destinati elementi di provata capacità. Fra tutti i marinai dell’AXUM, soltanto mio padre venne trasferito sul nuovo sommergibile.

Nel mese di giugno mio padre beneficiò di una breve licenza che passò con noi a Torino. Disse a mia mamma del suo trasferimento sul sommergibile REMO, di nuova costruzione, aggiungendo che avrebbe dovuto andare in missione segreta fino in Giappone per un rifornimento di gomma. Il viaggio era lungo e per alcuni mesi gli sarebbe stato impossibile farci avere sue notizie.

Durante quei pochi giorni di licenza a Torino, mamma convinse mio padre a consultare una chiromante, la Signora Visca Regina, (patentata ed autorizzata dalla Questura di Torino con tanto di licenza esposta sotto vetro nella sala d’attesa). La chiromante Visca, dopo aver esaminato attentamente le linee della mano di entrambi, disse che vedeva agiatezza ma poi, rivolta a lui con sguardo serio aggiunse:

Stia attento ad un tradimento.”

Il giorno successivo andammo  tutti  ad Incisa, io avevo solo dieci mesi di vita, a salutare la famiglia del mio papà: i suoi fratelli e la mamma Caterina.

Poi la mamma, che mi teneva con se, prese il treno e rientrò a Torino. Alla stazione di Alessandria avvenne il loro inconsapevole, ultimo abbraccio!”

Ricorda mia mamma: “Stava sotto la pensilina del marciapiede della stazione. Era in divisa blu scuro. Continuava a salutarmi e anch’io dal finestrino del treno lo salutai finché non scomparve dalla mia vista. Quella fu l’ultima volta che vidi tuo padre”.  In quei giorni però mio padre non disse a mamma che presagiva la sua fine imminente. Confidò tale presentimento soltanto ai suoi famigliari. “In questi nuovi sommergibili –disse loro- hanno levato molta strumentazione ed armamenti. Da questa pericolosa missione non tornerò più”

“Volle poi andare ancora in treno fino a Ventimiglia a salutare Pinin, il fratello più giovane, che prestava servizio nella Polizia di Frontiera. Non gli riuscì di trovarlo in quanto Pinin era in perlustrazione con la pattuglia su per le montagne. Mio padre, non avendo il tempo di aspettarlo, lasciò detto: “Mi dispiace di non averlo potuto salutare, perché non lo rivedrò più”. Con il treno rientrò alla base di Taranto.

Mamma ricevette ancora, da Taranto, una lettera di mio padre con la quale egli le inviava una sua recente fotografia. Era ritratto a mezzo busto, portava la divisa bianca estiva e sorrideva. Fu la sua ultima lettera.”

I due nuovi sommergibili, il REMO ed il ROMOLO, dovevano portarsi a Napoli per imbarcare strumentazione militare da consegnare ai giapponesi. Le apparecchiature erano importantissimi congegni di fabbricazione tedesca, proveniente dalla base di Peenemunde. Tecnici tedeschi sarebbero saliti a bordo delle due unità per scortare fino al Pacifico il prezioso carico.

“Il REMO, sul quale si trovava mio padre, partì da Taranto nella tarda mattinata del 15 luglio 1943.

Il sommergibile, navigando in superficie, fece rotta verso sud, in direzione dello Stretto di Messina.

Alle 18,00, dopo circa sei ore di navigazione, allorché ebbe doppiato Punta Alice – 25 miglia ad est della costa calabra – fu intercettato dal sommergibile inglese UNITED che si trovava lì appostato e gli lanciò contro i suoi siluri.”

Il REMO fu colpito e lo scoppio dell’ordigno ne provocò l’immediato affondamento. Il sommergibile si immerse di prora trascinando con sé in fondo al mare, tutti gli uomini che aveva a bordo. Si salvarono soltanto coloro che, trovandosi in torretta, vennero sbalzati in acqua dallo scoppio del siluro: il comandante, un ufficiale, un sottocapo elettricista ed il timoniere. Fu lo stesso sommergibile nemico a recuperare in mare i superstiti.

“Nel medesimo momento in cui il REMO venne colpito dal siluro, e mio padre perdeva la vita, ad Incisa sua mamma Caterina percepì la sciagura. Era intenta alle faccende di cucina quando all’improvviso gettò un urlo e si portò le mani alla gola, come se avesse ricevuto una straziante ferita.”

Olimpio è morto” gridò, e dal naso le cadde una goccia di sangue. I suoi figli la soccorsero subito, ma lei ripetè con profondo sconforto: “Olimpio è morto”.

Come sappiamo  poche ore dopo l’affondamento del REMO, anche il ROMOLO veniva sottoposto ad attacchi di aerei nemici, i quali alla fine portarono  al suo affondamento.

L’Amm. Doenitz in persona, come risulta dalle “Conferenze navali del Fuehrer” espresse…. il proprio rammarico  per quanto era accaduto ai due sommergibili italiani.

La funesta notizia venne comunicata a mamma dai nostri cugini di Milano. Un trafiletto apparso sul giornale diceva, imprecisamente, che il REMO era stato affondato da un sommergibile nemico nel Canale di Sicilia mentre viaggiava in superficie. Il giornale aggiungeva che quattro marinai, fra i quali il comandante, si erano potuti salvare. Non so come, ma mamma riuscì a sapere nome ed indirizzo del comandante al quale scrisse una lettera per avere maggiori ragguagli, coltivando in cuor suo una tenue speranza.

Sia per la guerra in corso, sia per il sopravvenuto caos dovuto all’armistizio dell’8 settembre (che consegnò il Nord nelle mani dei tedeschi), sia per l’occupazione alleata del sud, o per altre motivazioni che ancora non sappiamo, non ci fu mai alcuna risposta alla sua lettera.”

A fine guerra Il Ministero della Marina Militare rilasciò a mia madre il “Verbale di irreperibilità” di mio padre, considerato ormai “disperso in guerra”. Il rilascio di questo documento lo dobbiamo all’interessamento personale del l’Ing. Rodolfo De Benedetti, datore di lavoro di mia nonna materna fino a poco tempo prima.

Infatti mia nonna fu alle sue dipendenze come portinaia alla “Fabbrica Italiana Radiatori e Serbatoi per Aviazione”, sita appunto in via Gressoney 10, nella cui portineria abitammo fino al maggio del 1945.

Grazie al “Verbale di irreperibilità”, mamma potè  ottenere la pensione di guerra, integrata per gli anni di servizio che mio padre aveva fatto in Marina.

L’erogazione del vitalizio era, ed è ancor oggi, di un importo assolutamente insufficiente ad una persona per poter vivere, ma la condizione di “vedova di guerra” di mia madre agevolò la sua assunzione, nel 1946, nei ruoli organici della Prefettura di Torino., dove lavorò fino al raggiungimento dell’età pensionabile.

Se mio padre non fosse stato trasferito sul REMO ma avesse continuato a svolgere il suo lavoro sull’AXUM, probabilmente si sarebbe salvato.

Infatti l’equipaggio dell’AXUM fu molto più fortunato di quello del REMO.”

L’8 settembre del  1943 l’AXUM era a Pozzuoli dove doveva riparare un’avaria ad un motore termico. Fino a quel giorno aveva compiuto 49 missioni di guerra percorrendo 26.302 miglia.

A seguito dell’armistizio l’equipaggio, rifiutando di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e di collaborare con i tedeschi, decise di consegnarsi agli Alleati.

Ripreso il mare, il sommergibile AXUM, nonostante l’avaria  riuscì a raggiungere Malta da dove nel novembre del 1943 fu inviato a Taranto. Venne quindi destinato a missioni speciali verso le coste in mano tedesca.

Durante una di queste missioni, sempre molto rischiose, il 20 dicembre del 1943 si incagliò per errore di manovra sulle coste della penisola di Morea (nel Peloponneso). Gli sforzi per disincagliarlo risultarono vani per cui l’equipaggio fu costretto a far saltare questa valorosa unità subacquea perché non cadesse in mano tedesca. I marinai dell’AXUM, aiutati dalla resistenza greca, ritornarono tutti incolumi in Italia.

-“Nella primavera del 1954, quando abitavamo in Via Aosta, al quarto piano di una casa popolare senza ascensore, si presentò un giovane carabiniere vestito con una pesante divisa invernale e tutto sudato per le scale appena salite. Quel militare ci notificava l’assegnazione, alla memoria di mio padre, di due croci di guerra.

Il 23 maggio, durante una bella cerimonia svoltasi alla caserma Monte Grappa, sotto un bel sole mattutino e con folta partecipazione di pubblico, un generale, di cui ignoro il nome, consegnò alle madri dei caduti, alle vedove ed agli orfani le medaglie e le croci di guerra.

Nello stesso tempo veniva data lettura, al microfono, delle relative motivazioni. Il generale appuntò sulla mia giacca la croce “al merito di guerra” e quella “al valor militare”, assegnate alla memoria di mio padre, Olimpio Terzolo.

Alle decorazioni fece poi seguito la corresponsione di un importo annuale assai esiguo, un vitalizio più che altro simbolico, ma per noi altamente significativo.   

Pietro Terzolo per Associazione Modellisti Chiaravallesi



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MAGGIO 2015 - AGGIORNAMENTO


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Abbiamo ricevuto gli imbarchi di Olimpio Terzolo   prima di passare ai sommergibili.









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